Oggi vi parlo dei giganti della Patagonia, scoperti per la prima volta nel 1520 da Ferdinando Magellano.
Le prime notizie sui giganti della Patagonia, in Sud America, provenivano dalla spedizione effettuata dall’esploratore Ferdinando Magellano nel 1520, assieme al suo braccio destro Antonio Pigafetta.
Nel suo diario di bordo, Antonio raccontava di aver visto un gigante cantare e ballare sulla spiaggia. Dato che sembrava amichevole, l’equipaggio ha pensato che sarebbe stato opportuno approcciarlo allo stesso modo. Il gigante, infatti, non ha offerto alcuna minaccia ai portoghesi e comunicando attraverso una specie di linguaggio dei segni, egli credeva che i viaggiatori erano stati inviati da Dio.
I resoconti di Pigafetta dicono che ce n’erano diversi e li descrivono come persone così alte, che la testa degli europei raggiungeva solo la vita dei giganti. Dopo aver incontrato l’intera comunità, Magellano era molto entusiasta e decise di portare alcuni giganti in Europa.
Nove degli uomini più forti dell’equipaggio furono mandati a catturare due giganti. Con molto sforzo riuscirono a portare a termine il compito, ma i “prigionieri” si ammalarono e morirono durante il viaggio di ritorno in Europa.
Nuovi resoconti
Nonostante la morte di Magellano, il mito dei giganti da lui scoperti continuò a far parte della curiosità degli europei.
Nei registri di viaggio scritti dal navigatore inglese Sir Francis Drake, c’erano nuovi resoconti di incontri con i giganti.
Ma questa volta la descrizione era leggermente diversa: mentre i portoghesi affermarono di aver incontrato giganti alti tre metri, il capitano inglese ha calcolato che misurassero solo circa 2,2 metri.
Alcuni dicono che Sir Drake, lo abbia detto per sfatare i rapporti precedenti fatti da Magellano.
Drake descrisse persino che i giganti, i quali erano affabili e amichevoli, fossero diventati diffidenti e sospettosi dopo l’episodio accaduto all’equipaggio di Ferdinando Magellano.
Così, invece di distruggere la storia raccontata dal navigatore portoghese, gli inglesi finirono per alimentare ancora di più il mito.
A metà del 1700, il comandante John Byron, della marina britannica, fece una spedizione nella regione e confermò i fatti. Due anni dopo il ritorno dell’equipaggio in Inghilterra, fu pubblicato un libro curiosamente anonimo, che conteneva altre storie sui giganti della Patagonia. Questa volta, i documenti includevano persino illustrazioni, che davano più credito ai resoconti.
In seguito, un sacerdote di nome Pernety, dopo un viaggio attorno al mondo, decise di scrivere un libro e raccontare come l’equipaggio della sua nave incontrarono i giganti. Pernety confermò la loro esistenza e condannò coloro che dubitavano di tutte le prove.
Molti anni dopo la pubblicazione di questi due libri, un capitano della marina britannica ha rilasciato la sua dichiarazione. Secondo lui, le persone che vivevano in quella regione erano davvero alte, ma non erano certo i giganti che tutti affermavano di aver incontrato.
Attualmente, si ritiene che tutti i riferimenti fatti dagli esploratori si riferissero agli indigeni nativi che vivevano nella Patagonia. Molto probabilmente avevano incontrato i Tehuelche, persone che in effetti avevano un’altezza impressionante ma erano ben lungi dall’essere i giganti protagonisti delle storie, che gli europei avevano raccontato per più di due secoli.
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