Nel corso degli anni ’60 e ’70, uno scienziato del cervello di nome John C. Lilly decise di condurre un esperimento per cercare di comunicare con i delfini
L’idea di Lilly era di addestrare un delfino maschio di nome Peter a comunicare con gli esseri umani utilizzando il linguaggio dei segni.
Per fare ciò, Lilly e il suo team di ricerca trascorsero molti mesi interagendo con Peter, insegnandogli nuovi segni e incoraggiandolo a utilizzarli per comunicare con loro.
Inizialmente, l’esperimento sembrò avere successo.
Peter imparò rapidamente a utilizzare i segni per comunicare con Lilly e gli altri membri del team di ricerca.
Tuttavia, alla fine dell’esperimento, Lilly decise di separare Peter dalla sua compagna delfina, Margaret, e di costringerlo a vivere da solo in una vasca di isolamento all’interno del laboratorio.
Senza la presenza di altri delfini, Peter cominciò a manifestare sintomi di stress e di solitudine.
A questo punto, Lilly e il suo team decisero di prendere una decisione alquanto controversa: cercare di alleviare la solitudine di Peter permettendogli di avere rapporti sessuali con un membro del team.
Secondo quanto riferito, una giovane donna di nome Margaret Howe Lovatt, che lavorava come assistente di ricerca nel laboratorio, fu incaricata di compiere questo compito.
Lovatt passò molte ore al giorno nella vasca di Peter, cercando di incoraggiarlo a partecipare alle attività sessuali.
Tuttavia, l’esperimento ebbe conseguenze drammatiche sia per Peter che per Lovatt. Dopo pochi mesi, Lovatt si sentì a disagio per la situazione e decise di interrompere l’esperimento.
Nel frattempo, Peter aveva cominciato a manifestare comportamenti strani e autolesionisti, che molti hanno attribuito alla sua solitudine e alla sua frustrazione per la mancanza di interazione con altri delfini.
In seguito all’esperienza, Lovatt e altri membri del team di ricerca hanno espresso rimorso per il loro coinvolgimento nell’esperimento, definendolo come una forma di abuso sugli animali. L’esperimento è stato criticato anche da molti scienziati e attivisti per i diritti degli animali, che lo hanno definito come un esempio di crudeltà e insensibilità verso i delfini e gli animali in generale.
Che fine ha fatto Peter?
Purtroppo, la storia di Peter, il delfino maschio coinvolto nel Progetto, è piuttosto tragica.
Dopo la fine dell’esperimento, Peter fu rilasciato in mare aperto, ma non si adattò bene alla vita selvaggia.
A causa della sua lunga permanenza in cattività e della sua dipendenza dagli esseri umani, Peter non riuscì a integrarsi completamente nella comunità dei delfini e non riuscì a trovare il cibo sufficiente per sopravvivere.
Secondo quanto riferito, Peter fu visto per l’ultima volta nel 1970, quando si avvicinò a una barca di pescatori in cerca di cibo.
Da allora, non si sono avute più notizie di lui e si presume che sia morto poco dopo.
Altre versioni della storia:
Ci sono alcune teorie che suggeriscono che la morte di Peter sia stata causata da se stesso, che in un acquario si sia suicidato decidendo di smettere di respirare, c’è invece chi pensa sia stata causata da un errore nella sua alimentazione, oppure che sia stata il risultato della sua difficoltà ad adattarsi alla vita in mare aperto dopo la lunga permanenza in cattività.
Tuttavia, non c’è alcuna prova che Peter abbia intenzionalmente scelto di non respirare o di uccidersi.
È importante notare che, anche se la teoria del suicidio di Peter non è confermata, la vicenda del Progetto Delfino resta comunque un esempio di come l’interazione umana con gli animali selvatici possa avere conseguenze drammatiche per gli stessi animali coinvolti.
L’esperimento ha portato alla luce problemi etici riguardanti l’uso degli animali per la ricerca scientifica e ha contribuito a promuovere un maggiore rispetto per la vita degli animali e la loro protezione.