Lanciato su PlayStation 5 dopo un debutto opaco come esclusiva dell’Epic Game Store, questo sparatutto da $39.99 riesce nell’impresa di sfigurare ogni aspetto che aveva reso Payday un titolo interessante.
Crime Boss: Rockay City si conferma come uno dei peggiori titoli videoludici dell’anno. Ambientato nei primi anni ’90 e impreziosito da un cast di attori di Hollywood direttamente dell’epoca, il gioco sbanca nel fallimento su tutti i fronti.
Dialoghi patetici, missioni noiose, intelligenza artificiale vergognosa e una miriade di glitch e bug lo rendono un concentrato di scelte discutibili che annientano ogni potenziale divertimento.
Un Travis Baker dalla voce roca, interpretato da un Michael Madsen ringiovanito digitalmente, prova a dar vita a Rockay City, una Florida fittizia in cui il crimine è all’ordine del giorno e le droghe scorrono a fiumi.
Ma l’effetto è quello di un’ubriacatura da cui non si vede l’ora di uscire. Già dall’apertura, Crime Boss salta da una scena all’altra senza coerenza, mescolando rapine e sparatorie con tutorial talmente mal realizzati da far sembrare le cutscene dirette da un dilettante.
Non c’è dubbio, questa è una delle aperture più disastrose che abbia mai visto in un videogioco, peggio ancora dell’inizio di Forspoken.
Paradossalmente, pone le basi perfette per le aspettative su Rockay City: un guazzabuglio di scene casuali, personaggi e eventi, tutti legati da una trama tanto coerente quanto un riassunto di ChatGPT su Goodfellas.
La cosa tragica è che il gioco tenta di innovare.
La campagna in single-player si presenta come un roguelike, condito da elementi di strategia leggera. Ogni giorno, Baker deve decidere se difendere il suo territorio o attaccare altri usando i suoi soldati, pianificare rapine nella città o gestire i flussi di denaro per mantenere acceso il business.
Se Baker muore, si ricomincia da capo, mantenendo solo gli upgrade permanenti.
Se pensavi che i loop di Returnal fossero frustranti, prova a morire a 26 giorni dalla tua campagna.