Nel vibrante universo di “One Punch Man”, Saitama emerge come un eroe atipico, la cui invincibilità lo pone in una posizione unica di riflessione esistenziale
Al di là delle battaglie mozzafiato e del tipico humour dell’anime, si cela un profondo interrogativo filosofico: Saitama fa bene ad essere depresso?
Saitama, con la sua capacità di sconfiggere qualsiasi avversario con un singolo colpo, incarna l’apice della forza fisica. Tuttavia, questa invincibilità porta con sé una pesante monotonia e un senso di vuoto esistenziale. La mancanza di sfide degne e l’assenza di crescita personale lo conducono in uno stato di apatia e disillusione, riflettendo la classica nozione filosofica dell’ennui, ovvero quella sensazione di insoddisfazione profonda derivante dalla mancanza di stimoli significativi.
Dal punto di vista della filosofia esistenzialista, la condizione di Saitama potrebbe essere vista come una manifestazione della “malattia dell’eternità” descritta da Kierkegaard, dove l’assenza di limiti e la conseguente mancanza di significato portano a una profonda disperazione. L’eroe, in questo contesto, rappresenta l’uomo moderno alle prese con la conquista di tutte le sue aspirazioni, solo per ritrovarsi a domandarsi: “E ora?”
Saitama, nella sua ricerca di senso, affronta la problematica dell’autorealizzazione. La sua crisi deriva non tanto dalla sua forza, quanto dalla mancanza di uno scopo che gli dia un senso di realizzazione. Questo si lega strettamente all’idea di Maslow sulla gerarchia dei bisogni, dove l’autorealizzazione si trova al vertice: Saitama ha soddisfatto tutti i bisogni di base, ma fatica a raggiungere l’ultimo gradino, quello dell’autorealizzazione.
Inoltre, l’eroe riflette la teoria nietzscheana dell’Übermensch, l’individuo che crea nuovi valori al di là delle convenzioni morali esistenti. Tuttavia, Saitama si trova in una paralisi esistenziale, incapace di superare il proprio stato attuale e creare un nuovo senso di scopo nella sua vita.
La solitudine di Saitama è amplificata dalla sua incomprensione da parte degli altri e dalla mancanza di veri legami. Questo richiama la nozione di alienazione espressa da Marx, dove l’individuo si sente estraneo al mondo che lo circonda, non riuscendo a trovare un’autentica connessione con gli altri.
In conclusione, la depressione di Saitama non è solo comprensibile, ma rappresenta un profondo commento sulla condizione umana. L’eroe, con la sua invincibilità, ci sfida a riflettere sul vero significato del successo, sulla ricerca di scopo e sul valore delle relazioni umane. La sua lotta interiore ci invita a considerare che, al di là delle nostre conquiste, ciò che realmente ci definisce è il viaggio continuo verso l’autorealizzazione e il senso di connessione con il mondo che ci circonda.