Quando l’arte videoludica incontra l’ego smisurato di uno che si crede Dio in persona
Death Stranding è uno di quei giochi di Kojima che ti lasciano la bocca aperta e il cervello fuso. Un’opera ambiziosa, strana, poetica e alienante, che mescola il corriere espresso con la fine del mondo e ti fa camminare per ore come uno scemo con uno zaino più alto di te. E fin qui tutto bene.
La trama? Ti ritrovi nei panni di Sam Porter Bridges (interpretato dal mitico Norman Reedus, sì, quello di The Walking Dead), un tizio solitario incaricato di ricollegare l’America dopo un evento catastrofico chiamato “Death Stranding”, che ha mandato tutto a puttane. Il mondo è invaso da creature soprannaturali, pioggia che invecchia la roba (la cronopioggia, non è uno scherzo) e gente rinchiusa nei bunker. Tu sei l’unico che può unire ‘sta feccia di umanità, con la tua valigetta, i tuoi stivali e un feto in una capsula che ti dice dove sono i fantasmi. Già così è follia pura.
Il cast spacca tutto: Norman Reedus, Mads Mikkelsen, Léa Seydoux, Guillermo del Toro, Troy Baker… una sfilza di talenti hollywoodiani da far impallidire Netflix. La direzione artistica è un orgasmo visivo, la colonna sonora ti strappa l’anima a ogni nota, e tutto trasuda un amore maniacale per il dettaglio. Kojima è un perfezionista, su questo niente da dire.
MA.
E qua arriva il nostro calcio nei denti. Perché Hideo Kojima, per quanto possa aver creato un titolo che ti resta dentro, è anche un gigantesco figlio di buona donna col cervello infilato su per il proprio culo.
Questo buffone col codino, questo santone dell’industria che si crede Kubrick con un pad in mano, ha fatto finta di essere nostro amico. Ci ha illusi, ci ha promesso la luna, e quando gli abbiamo scritto per avere una cazzo di Collector’s Edition da recensire, ci ha ignorati come fossimo una pubblicità di detersivi.
Noi, El Cartel del Gaming. Noi che portiamo avanti la passione vera, noi che diamo voce ai giocatori e non ci facciamo mettere il guinzaglio da nessuno. E lui che fa? Ci snobba. Niente risposta. Niente “grazie”. Niente Collector. Solo silenzio e superiorità. Ma chi cazzo ti credi di essere, Kojima? Una rockstar col cervello fuso dai suoi stessi trailer?
E vogliamo parlare del fatto che questo tizio è stato cacciato a calci nel culo da Konami? Sì, perché dietro le quinte non è tutto incenso e genialità. Kojima ha avuto screzi con la dirigenza, ha mandato tutto in merda per colpa del suo ego fuori controllo, e alla fine l’hanno spedito fuori come uno scolaro bocciato. Silent Hills? MORTO. P.T.? Cancellato. I fan? Traditi. Eppure lui continua a sorridere e farsi selfie con le star.
Death Stranding resta un gioco potente, intenso, unico. Ma non può e non deve essere un lasciapassare per trattare la gente come merda. Un autore dovrebbe anche essere umano, disponibile, riconoscente. E invece lui si comporta da Dio in terra, dimenticandosi che senza i giocatori, sarebbe solo un coglione con delle idee strane.
Allora Kojima, se stai leggendo, abbi almeno le palle di rispondere. O sei troppo impegnato a fare il figo con i tuoi amici VIP mentre chi davvero parla del tuo gioco viene ignorato come un barbone davanti a un hotel di lusso?
Rispondi, stronzetto.
E per la cronaca, non abbiamo mai chiesto una Collector’s Edition… ma se Kojima avesse un minimo di rispetto per chi fa informazione vera, ce l’avrebbe mandata lo stesso, testa di cazzo.
Sicarios, voi che ne pensate? Il genio può giustificare l’arroganza? O è ora di iniziare a tirare giù dai piedistalli chi se la crede troppo?